Agenti e rappresentanti: patto di non concorrenza

Vincolo di esclusiva

Il patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto di agenzia è una estensione temporale del vincolo di esclusiva a carico dell’agente. È di fatto previsto a favore del solo preponente e tende a limitare l’attività dell’ormai ex agente nella zona e per la clientela allo stesso affidata in costanza di rapporto per evitare che il passaggio ad un altro preponente vanifichi i vantaggi derivanti dall’attività promozionale svolta.

La disciplina normativa del patto di non concorrenza è contenuta nell’art. 1751-bis c.c., introdotta dal D.Lgs. 303/1991 e dalla L. 422/2000.

La validità del patto prevede tre condizioni :

– che sia redatto per iscritto, così inserendo la forma scritta tra i requisiti di validità della clausola;

– che riguardi la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia;

– che abbia una durata non superiore ai due anni successivi all’estinzione del contratto

Solo la mancanza di forma scritta determina tuttavia la nullità del patto, posto che l’ambito di operatività e la durata sono espressamente previste dall’art. 1751-bis c.c. che può quindi integrare eventuali clausole contrattuali difformi.

Indennità patto non concorrenza

L’art. 23 della legge Comunitaria 2000 (L. 29.12.2000, n. 422), con decorrenza dall’1.6.2001 ha introdotto la previsione del diritto dell’agente ad un’indennità in relazione all’assunzione dell’obbligo di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto.

Il diritto all’indennità tuttavia non si applica a tutti i rapporti di agenzia, ma esclusivamente alle seguenti tipologie di agenti:

– agenti che esercitano la propria attività in forma individuale;

– società di persone;

– società di capitali con unico socio;

È prevista altresì l’applicazione alle società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali, se ciò è stabilito dagli accordi nazionali di categoria (il solo Aec settore commercio contempla le S.r.l. con due o più soci).

Quantificazione dell’indennità

L’art. 1751-bis c.c. fissa i tre seguenti parametri generali ai quali va commisurata l’indennità:

– la durata del patto (ribadendo il limite di due anni dopo la cessazione del contratto);

– la natura del contratto di agenzia;

– l’indennità di fine rapporto.

Alla durata del patto alla quale è evidentemente commisurato il sacrificio dell’agente nella limitazione alla sua libertà di iniziativa economica. Non necessariamente tuttavia all’aumento della durata dovrà corrispondere un esponenziale aumento dell’indennità.

Circa la natura del contratto ci sono perplessità interpretative e sembra doversi riferire all’esistenza o meno di un obbligo a carico dell’agente di svolgere attività in favore di un unico preponente (monomandato).

Il riferimento all’indennità di fine rapporto avrebbe potuto comportare una indiretta limitazione dell’importo riconoscibile a titolo di indennità per il patto di non concorrenza alla differenza tra quanto in concreto riconosciuto a titolo di indennità di fine rapporto ed il limite massimo di un’annualità di provvigioni sulla media degli ultimi 5 anni o dell’intero rapporto se inferiore al quinquennio, così come previsto dall’art. 1751 c.c.

Quest’ipotesi interpretativa, certamente ragionevole ed in linea con le previsioni della Direttiva 86/653 è stata tuttavia completamente disattesa dalla contrattazione collettiva di diritto comune che ha fissato importi estremamente elevati, che nel loro ammontare massimo possono raggiungere un’annualità di provvigioni sulla media di quelle riconosciute negli ultimi 5 anni del contratto o nell’intero rapporto, se di durata inferiore.

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Apprendistato : vantaggi normativi ed economici

Benefici dell’apprendistato

I benefici possono essere classificati in:

1) incentivi contributivi, che si traducono nella possibilità di ridurre il costo del lavoro in caso di assunzione dell’apprendista.

2) incentivi normativi ed economici, che consentono al datore di lavoro di fruire di norme di maggior favore in caso di assunzione di un apprendista come: – il non computo nell’organico; – il sottoinquadramento

Applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria per gli apprendisti.

Per gli apprendisti l’applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme:

a) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

b) assicurazione contro le malattie;

c) assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia;

d) maternità;

e) assegno familiare;

f) assicurazione sociale per l’impiego

Contribuzione a carico dell’apprendista e del datore di lavoro ?

Il datore di lavoro in occasione della corresponsione della retribuzione all’apprendista effettuerà una trattenuta contributiva (a carico dell’apprendista) per l’assicurazione IVS nella misura del 5,84%. La contribuzione complessiva dovuta dall’azienda è pari all’ 11,61%,

Pensione per gli apprendisti

Nonostante la minor contribuzione gli apprendisti maturano la propria posizione contributiva in modo totale come qualsiasi lavoratore dipendente. Tale gestione è rinvenibile dal combinato disposto del’art. 1, co. 10 L.335/1995 e dall’art. 37, co. 3, lett. d) della L. 88/1989. Infatti, mentre quest’ultima norma afferma: “Sono a carico della gestione: (…) d) gli oneri derivanti dalle agevolazioni contributive disposte per L. in favore di particolari categorie, settori o territori ivi compresi i contratti di formazione-lavoro, di solidarietà e l’apprendistato e gli oneri relativi a trattamenti di famiglia per i quali è previsto per L. il concorso dello Stato o a trattamenti di integrazione salariale straordinaria e a trattamenti speciali di disoccupazione di cui alle leggi 5 novembre 1968, n. 1115 , 6 agosto 1975, n. 427 , e successive modificazioni ed integrazioni, o ad ogni altro trattamento similare posto per L. a carico dello Stato”. Mentre la L. 335/1995, all’art. 1, co. 10 recita “Per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, l’aliquota per il computo della pensione è fissata al 33%”.

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Indennità di maternità : come calcolarla

Calcolare l’indennità di maternità

Le lavoratrici (e i lavoratori nei casi previsti dalla legge) hanno diritto a una indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione per tutto il periodo di congedo di maternità (ex astensione obbligatoria). L’indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia (artt. 22 e 23, D.Lgs. 26.3.2001, n. 151). Le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto, altresì, per i periodi di congedo parentale (ex astensione facoltativa):

a) fino al 3° anno di vita del bambino, a un’indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi;

b) fuori del caso di cui alla lettera a), fino al compimento dell’8° anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di congedo parentale (ex astensione facoltativa), a un’indennità pari al 30% della retribuzione, nell’ipotesi in cui il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.l’indennità giornaliera di maternità compete per i seguenti periodi:

a) i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (art. 16, co. 1, lett. a), D.Lgs. 151/2001);

b) l’eventuale periodo intercorrente tra la data presunta del parto e la data effettiva del parto. Il giorno del parto deve essere considerato neutro. Infatti, non si deve considerare né nell’astensione ante partum, né in quella post partum essendo considerato il dies a quo (art. 16, co. 1, lett. b), D.Lgs. 151/2001);

c) i 3 mesi successivi alla data effettiva del parto. L’inizio del periodo di astensione obbligatoria dopo il parto decorre dal giorno successivo alla data del parto stesso (art. 6 del regolamento di esecuzione); i 3 mesi si computano secondo calendario.

Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria (congedo di maternità) prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria (congedo di maternità) dopo il parto.

 

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