Limiti alla deducibilità degli interessi passivi

L’articolo 96 Testo unico delle imposte sui redditi definisce le modalità per la deducibilità degli interessi passivi.

Il Testo unico chiarisce che gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza dell’ammontare complessivo:

a) degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di competenza del periodo d’imposta;
b) degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati riportati da periodi d’imposta precedenti.

L’eccedenza degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati rispetto all’ammontare complessivo degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di cui alle lettere a) e b) del comma 1 è deducibile nel limite dell’ammontare risultante dalla somma tra il 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica del periodo d’imposta e il 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica riportato da periodi d’imposta precedenti . A tal fine si utilizza prioritariamente il 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica del periodo d’imposta e, successivamente, il 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica riportato da periodi d’imposta precedenti, a partire da quello relativo al periodo d’imposta meno recente.

Occorre ricordare che per risultato operativo lordo della gestione caratteristica si intende la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui all’articolo 2425 del Codice Civile, lettere A) e B), con esclusione delle voci di cui al numero 10), lettere a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, assunti nella misura risultante dall’applicazione delle disposizioni volte alla determinazione del reddito di impresa.

Gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati, che risultano indeducibili in un determinato periodo d’imposta, sono dedotti dal reddito dei successivi periodi d’imposta, per un ammontare pari all’eventuale differenza positiva tra:

a) la somma degli interessi attivi e dei proventi finanziari assimilati di competenza del periodo d’imposta e del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica;
b) gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di competenza del periodo d’imposta.

Queste regole non si applicano in relazione agli interessi passivi e agli oneri finanziari assimilati che presentano tutte le seguenti caratteristiche:

a) sono relativi a prestiti, utilizzati per finanziare un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine, che non sono garantiti né da beni appartenenti al gestore del progetto infrastrutturale pubblico diversi da quelli afferenti al progetto infrastrutturale stesso né da soggetti diversi dal gestore del progetto infrastrutturale pubblico;
b) il soggetto gestore del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine è residente, ai fini fiscali, in uno Stato dell’Unione europea;
c) i beni utilizzati per la realizzazione del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine e quelli la cui realizzazione, miglioramento, mantenimento costituiscono oggetto del progetto si trovano in uno Stato dell’Unione europea.

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Regole per l’emissione delle note di credito

Come la fattura, anche la nota di credito deve contenere alcuni dati obbligatori, essenziali affinché sia valida e non si incorra in errori e sanzioni. Nello specifico, devono essere indicati:
– dati del cedente, compresa la partita iva
– dati del cessionario, compresa la partita iva
– numero e data del documento
– descrizione del bene o del servizio erogati
– prezzo
– importo
– IVA
La numerazione e la cronologia delle note di debito e/o credito può seguire quella delle fatture attive. in questo modo è più agevole avere un riscontro temporale. In alternativa, si può creare un registro a parte con la numerazione propria dei documenti fiscali di credito e/o debito.
La nota di credito deve essere emessa nell’anno in cui si viene a conoscenza della variazione intervenuta.
Se quindi l’operazione di riferimento è del 2021 ma la condizione che determina l’emissione della nota di credito si verifica nel 2022, la stessa dovrà essere emessa nel 2022.

Dal punto di vista IVA, se:
è trascorso meno di un anno dall’operazione principale, la nota credito emessa dovrà riportare l’IVA;
è trascorso più di un anno dall’operazione principale che va rettificata, la nota di credito non dovrà riportare l’IVA.
È possibile usufruire del diritto al recupero dell’imposta in tre tipologie di situazioni, disciplinate dai commi 2 e 3 dell’art.26:
nel caso in cui si verifichi una causa di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, che incidono sul rapporto contrattuale e produrre il venir meno del titolo negoziale;
nel caso di concessione da parte del cedente/prestatore di sconti o abbuoni previsti da contratto;
nel caso in cui il venir meno dell’operazione soggetta ad imposta trae origine da un accordo sopravvenuto tra le parti volto a modificare le pattuizioni contenute nell’accordo originario, ovvero dipenda da inesattezze della fatturazione ed errori materiali o di calcolo.

A seconda di tali casi, l’emissione della nota credito può essere soggetta o meno a limiti temporali:
nei casi descritti ai punti 1 e 2, l’emissione può avvenire senza alcun limite di tempo;
nei casi riportati al punto 3, l’emissione deve avvenire entro 1 anno dall’emissione della fattura a cui si fa riferimento (ad esempio, nel caso di sconti e abbuoni non disciplinati da un contratto tra le parti ma sopravvenuti successivamente, o nel caso di errata fatturazione, ossia di una variazione necessaria per correggere un errore, per esempio di quantità o prezzo, nella fattura di riferimento).
Se la variazione si riferisce ad una fattura di anni precedenti e quindi la nota di credito deve essere emessa oltre il termine dell’anno previsto, in tal caso la nota di variazione deve essere fuori campo IVA e, dunque, il suo importo deve far riferimento solo all’imponibile.

Il recupero dell’Iva deve rispettare il termine imposto dalla normativa (art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 modificato dall’art. 2 del D.L. n. 50/2017), pena la decadenza dal diritto di detrazione. Questo significa che se anche la nota di credito potrà essere emessa senza alcun limite temporale, il cedente o prestatore potrà detrarne l’imposta a condizione che la rettifica sia operata, al più tardi, entro il termine di invio della dichiarazione IVA dell’anno in cui è sorto il diritto di detrazione (“il diritto alla detrazione dell’Iva sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, ossia alla data in cui l’operazione si considera effettuata ai fini Iva”).
La normativa di riferimento sull’emissione di note di variazione iva è il Decreto del Presidente della Repubblica 633/1972 (art. 26).

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Deducibilità perdite di crediti modesta entità

L’articolo 101 del TUIR concernente “Minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite” al comma 5 disciplina le perdite su crediti, precisando, che le « (…) perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi (…). Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso.

Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all’articolo27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. » Lo stesso comma prevede, inoltre, che si considerano presenti gli elementi certi e precisi che determinano la deducibilità della perdita in tutti i casi di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.

Secondo la precedente normativa era onere del contribuente dimostrarne la deducibilità, come componente negativa del reddito d’impresa, con elementi certi e precisi. Con l’attuale normativa, invece, “gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso”.

Con riferimento all’esercizio di deducibilità delle svalutazioni contabili dei “mini-crediti”, la normativa ha stabilito queste che sono deducibili nell’esercizio in cui il credito viene cancellato dal bilancio.
In questo modo, si permette al contribuente di “rinviare” la deduzione di tali svalutazioni, come perdite, al momento dell’eliminazione del credito dal bilancio, così da evitare l’automatica trasformazione delle svalutazioni stesse in perdite, eliminando in eventuali problematiche gestionali.
In presenza di svalutazioni contabili, la scelta dell’esercizio in cui portare in deduzione il componente negativo divenuto fiscalmente rilevante spetta all’impresa creditrice, con l’unico limite temporale rappresentato dal periodo d’imposta in cui il credito viene cancellato dal bilancio.
Tuttavia, si evidenzia che la cancellazione in bilancio dei “mini-crediti”, svalutati e dedotti in esercizi precedenti, sarà fiscalmente irrilevante, in quanto, essendo stati già dedotti, non produrranno effetti ai fini fiscali.

Se chiaramente prima della cancellazione dal bilancio, i “mini-crediti”, la cui svalutazione è stata dedotta come perdita, vengono incassati anche solo parzialmente, si genera una sopravvenienza attiva, rilevante ai fini fiscali, pari all’importo incassato.

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