La circolare n. 34/E del 13 luglio 2009 ha come oggetto ” Modifiche al regime di deducibilità dal reddito d’impresa delle
spese di rappresentanza – Articolo 108 del Testo unico delle imposte sui redditi, come modificato dall’articolo 1, comma 33, lettera p), della legge 24 dicembre 2007, n. 244″.
Occorre ricordare che l’articolo 108, comma 2, del Tuir, nella sua previgente formulazione, non forniva alcun criterio utile a qualificare un determinato onere come spesa di
rappresentanza, limitandosi a prevedere un regime di parziale deducibilità di tali spese nella misura di un terzo del loro ammontare ed in quote costanti,
nell’esercizio in cui le medesime erano state sostenute e nei quattro successivi. La norma qualificava come spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recanti emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell’impresa, nonché i contributi erogati per l’organizzazione di convegni e simili.
La circolare n. 34/E approfondisce in particolare il contenuto dei presupposti per la deducibilità Gratuità e Congruità .
GRATUITA’
Confermando sia l’orientamento giurisprudenziale che le interpretazioni della Agenzia delle Entrate, si afferma che “le spese della specie si caratterizzano per essere comunque delle erogazioni gratuite di reddito”, nel senso che il carattere essenziale delle spese di rappresentanza è costituito dalla mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari dei beni e servizi erogati.
La prassi elaborata in attuazione della previgente normativa, infatti, con riferimento ai criteri distintivi delle spese di pubblicità rispetto a quelle di
rappresentanza, aveva già enunciato un principio di carattere generale in base al quale caratteristica delle spese di rappresentanza è la “gratuità” dell’erogazione di un bene o un servizio nei confronti di clienti o potenziali clienti.
CONGRUITA’ (RAGIONEVOLEZZA)
Il comma 1, dell’articolo 1 del decreto specifica ulteriormente il requisito dell’inerenza, richiedendo che il sostenimento delle spese di rappresentanza
risponda, in ogni caso, a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche solo potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia
coerente con pratiche commerciali di settore.
La norma richiede che le finalità tipicamente promozionali o di pubbliche relazioni delle spese in esame devono collegarsi alla idoneità delle
stesse a generare un ritorno economico in capo a chi le sostiene, oppure alla circostanza che il loro sostenimento sia coerente con le pratiche commerciali in
uso in un determinato settore.
Una spesa di rappresentanza deve, quindi, risultare ragionevole, in quanto idonea a generare ricavi ed adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini
di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore. In caso di assenza di pratiche commerciali di settore
ovvero di incoerenza della spesa con le stesse, ai fini della deducibilità della spesa di rappresentanza è necessario dimostrarne la ragionevolezza, valutando
l’idoneità della stessa a generare ricavi.
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