Bilancio : Principio della competenza economica

L’ articolo 2423 bis Codice Civile dedicato ai “Principi di redazione del bilancio” prevede che nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:

3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento;

4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;

La competenza è il criterio temporale con il quale i componenti positivi e negativi di reddito vengono imputati al conto economico ai fini della determinazione del risultato
d’esercizio. In attuazione di tale previsione, le regole dei singoli principi contabili definiscono il momento in cui la rilevazione nel conto economico dei fatti aziendali è conforme al principio della
competenza.

Un esempio di correlazione tra costi e ricavi negli OIC riguarda la rilevazione di risconti. Ai sensi dell’OIC 18 “Ratei e risconti” l’iscrizione di risconti attivi comporta la rettifica di costi iscritti al
conto economico, al fine di correlarli a ricavi di competenza di esercizi futuri.

Un’altro esempio riguarda i “Crediti” : i crediti originati da ricavi per operazioni di vendita di beni sono rilevati in base al principio della competenza quando si verificano entrambe le seguenti
condizioni:
 il processo produttivo dei beni è stato completato;
 si è verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà assumendo quale
parametro di riferimento, per il passaggio sostanziale, il trasferimento dei rischi e benefici.

Anche nella legislazione fiscale, il criterio per l’imputazione “a periodo” delle componenti reddituali dell’impresa è quello “di competenza”; pertanto, nella determinazione del reddito d’impresa l’imputazione delle operazioni e degli altri eventi che connotano la gestione aziendale avviene senza avere riguardo ai movimenti finanziari, salvo alcune eccezioni di cui si dirà nel prosieguo.

L’articolo 109, commi 3 e 4, del TUIR dispone che:

“I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico”;
di converso, “Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza”.

 

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Bilancio : Prospettiva della continuità aziendale

L’ articolo 2423 bis Codice Civile dedicato ai “Principi di redazione del bilancio” prevede che nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:

1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività.

Occorre quindi tener conto del fatto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito ed effettuare una valutazione
prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro.

Valutazione prospettica

Ove la valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito porti la direzione aziendale a
concludere che, nell’arco temporale futuro di riferimento, non vi sono ragionevoli alternative alla cessazione dell’attività, ma non si siano ancora accertate cause di scioglimento, la valutazione delle voci di bilancio è pur sempre fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività, tenendo peraltro conto, nell’applicazione dei principi di volta in volta rilevanti, del limitato orizzonte temporale residuo. La nota integrativa dovrà descrivere adeguatamente tali circostanze e gli effetti delle stesse sulla situazione patrimoniale ed economica della società.

La continuità aziendale è il presupposto in base al quale nella redazione del bilancio, l’impresa viene normalmente considerata in grado di continuare a svolgere
la propria attività in un prevedibile futuro, senza che vi sia né l’intenzione né la necessità di porla in liquidazione o di cessare l’attività ovvero di assoggettarla a procedure concorsuali.
Con l’asseverazione della continuità aziendale, si presume che un’impresa sia in grado di far fronte alle proprie obbligazioni ed agli impegni nel corso della normale attività. Ciò significa
che la liquidità derivante dalla gestione corrente, insieme ai fondi disponibili saranno sufficienti per rimborsare i debiti e far fronte agli impegni in scadenza.

Mancanza presupposto della continuità aziendale

Nel caso in cui, viceversa, le prospettive future non permettano l’adozione del presupposto della continuità aziendale, risulta evidente che il bilancio d’impresa assumerà valori fondati su
considerazioni completamente diverse rispetto all’ipotesi di continuità aziendale: ad esempio, le immobilizzazioni, in ipotesi di continuità aziendale, sono valutate considerando la loro vita utile e
la recuperabilità mediante l’uso, mentre, in ipotesi di liquidazione, viene preso a riferimento il loro valore di realizzo.
Nel momento in cui l’impresa non è in grado di far fronte ai propri impegni senza porre in atto operazioni che esulano dalla normale attività di gestione, il presupposto di
continuità aziendale deve essere messo in discussione ed attentamente valutato.

In tal senso la valutazione che gli amministratori devono effettuare deriva da un processo che non comporta rilevazioni contabili, ma che spesso implica un’integrazione di informativa proveniente da diverse fonti qualitative e quantitative. Innumerevoli sono le cause che possono compromettere la continuità aziendale e in generale molteplici sono i fattori che generano la cosiddetta “crisi aziendale”, segnale che la “continuità aziendale” può essere compromessa.
L’individuazione della mancanza del presupposto della continuità aziendale o la presenza di incertezze significative, in un ipotetico percorso di crisi aziendale, è spesso rinvenibile in eventi o
condizioni maturate e divenute irreversibili ben prima dell’effettivo manifestarsi del default. In tutti i casi, ovviamente, deve esistere un’incertezza significativa legata ad eventi che possano far
sorgere dei dubbi significativi riguardo alla continuità aziendale.

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Come aderire al regime forfettario

Nel regime forfetario per determinare il reddito imponibile non assumono alcuna rilevanza le spese sostenute nel periodo, siano esse inerenti o meno all’attività svolta dal contribuente. Solo i contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge possono essere portati in deduzione.
Il computo dei ricavi avviene secondo il principio di cassa: assumono rilevanza i ricavi o compensi effettivamente incassati nel corso del periodo d’imposta
L’imposta del 15% o del 5% è sostitutiva dell’imposta sui redditi (IRPEF), delle addizionali regionali e comunali e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)

Adesione al regime forfettario

I contribuenti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione e che presumono di rispettare il requisito e le condizioni previste per l’applicazione del regime, hanno l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9/12). Trattandosi di un regime naturale, questa comunicazione non ha valore di opzione, ma è richiesta unicamente ai fini anagrafici. Pertanto, l’omessa indicazione nella dichiarazione di inizio attività dell’intenzione di applicare il regime forfetario non preclude l’accesso al regime medesimo, ma è punibile con una sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro.
L’attestazione della sussistenza dei requisiti per l’accesso al regime e dell’assenza della cause ostative va fatta in sede di dichiarazione annuale dei redditi.

Come uscire dal regime forfettario

I contribuenti che potenzialmente devono applicare il regime forfetario hanno la possibilità di disapplicarlo, ovvero di fuoriuscirne, optando per la determinazione delle imposte sul reddito e dell’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari. L’opzione per il regime ordinario avviene tramite comportamento concludente, ma deve, in ogni caso, essere comunicata barrando l’apposito campo della dichiarazione annuale Iva da presentare successivamente alla scelta operata. L’omessa comunicazione in dichiarazione della volontà di applicare il regime ordinario non inficia l’opzione effettuata, ma è punibile con una sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro. L’opzione per l’applicazione del regime ordinario è valida per almeno un triennio. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata. L’adozione del regime forfetario comporta una serie di semplificazioni ai fini Iva e ai fini delle imposte dirette.

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